Arrivare a Venezia per l’inaugurazione della Biennale d’Architettura e soggiornare al Lido, precisamente all’Hotel Excelsior, significa innanzitutto tuffarsi in un’atmosfera “amarcord”. Raggiungerlo di notte, dopo 15 minuti di water taxi tra i canali, permette di scorgerlo lì nella sua immobilità, con un lato affacciato sulla spiaggia, maestoso ed elegante come doveva sembrare anche nel 1908, anno in cui venne costruito. Entrarci e soggiornarvi comporta un salto spazio-temporale soprattutto quando la mattina ti si apre la vista sul cortile moresco; iniziare la giornata qui, prima di affrontare le stimolanti fatiche della Biennale è già un acceleratore per l’energia della giornata.
photo credits: Hotel Excelsior Venezia
Raggiungere i Giardini della Biennale dal Lido è tra l’altro forse uno dei migliori percorsi consigliati, controcorrente rispetto al movimento dei turisti. Venti minuti di navigazione e l’ingresso dei Giardini diventa il varco che divide la città con il suo concentrato di storia, stili e tradizioni e la mostra come concentrato di stimoli e suggestioni di tutto ciò che il mondo dell’architettura ha da raccontare di più autentico. Quest’anno il tema “Freespace” indaga la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio come contenitore libero e gratuito.
photo credits: La Biennale di Venezia
E’ impossibile non soffermarsi sul
Padiglione della Gran Bretagna che interpreta il tema in maniera ardita, proponendo l’idea del contenitore vuoto come stimolo di riflessione; lo studio
Caruso St John Architects lascia l’interno dell’edificio vuoto e lavora all’esterno, costruendo un’impalcatura con una terrazza superiore che permette di godere della vista a 360° sulla città oltre che di scorgere appena il tetto del padiglione, come fosse un mondo sommerso. La riflessione è legata all’identità stessa di Venezia nel suo essere isola e all’isolamento critico conseguente alla Brexit. Caruso St John non nega di aver tratto ispirazione anche dal
“Teatro del Mondo” di Aldo Rossi, l’installazione galleggiante che restò ormeggiata davanti a
Punta della Dogana durante la
prima Biennale d’Architettura, nel 1979.
photo credits: Hélène Binet
Spostandosi all’Arsenale invece, Mario Cucinella, come curatore del Padiglione Italia, ci fa riflettere su quelle parti di territorio italiano che tendono allo spopolamento, all’invecchiamento e all’impoverimento. Arcipelago Italia, questo il titolo della mostra, racconta quei territori che, per quanto marginali, portano con sé la memoria e la cultura del nostro paese e per questo meritano l’attenzione e la partecipazione dei progettisti quali interpreti di un ruolo sociale e di ascolto delle esigenze del territorio stesso.
Dopo aver superato l’
Arsenale ci rituffiamo in una visita quasi turistica della città, concedendoci un aperitivo all’interno di Fondaco dei Tedeschi forse specialmente perché, facendosi trasportare dalla bellezza dell’architettura recentemente restaurata su progetto di
OMA, si passa di piano in piano arrivando all'”altana” più fotografata della città. La bellezza del
Canal Grande da questa prospettiva fa pensare che
Venezia ha quell’ impatto visivo così forte e quasi radioattivo di cui parla Tiziano Scarpa nel libro “Venezia è un pesce”.
photo credits: Professione architetto
Non resta che terminare la giornata concedendosi una cena speciale, nel rinnovato
ristorante Quadri, concepito dalla “mano” creativa del francese
Philippe Starck e guidato dalla famiglia
Alajmo. Il restauro costituisce una trasformazione che svela l’originaria magia seicentesca del locale e permette di trascorrere qualche ora in un’atmosfera romantica ma anche quasi surrealista, che ha preso vita grazie al pensiero creativo di Starck ed alle mani sapienti degli artigiani veneziani.
photo credits: Alajmo
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